Dall'autonomia alla maturità affettiva
II percorso che ogni persona compie nell'età evolutiva è un cammino verso l'autonomia.
L'educazione è, fondamentalmente, impegno a favorire questo viaggio verso l'indipendenza, verso la libertà. Ogni educatore deve superare la tentazione del tenere piccoli, del "non lasciar crescere", deve controllare ed elaborare l'impulso di indispensabilità e di possessi vita. Il grado di autonomia raggiunto dal bambino e dall'adolescente è metro di giudizio per verificare la bontà del proprio intervento educativo. L'autonomia, che in fondo corrisponde all'attuarsi dell'istinto profondo di autorealizzazione, trova il suo sbocco naturale nella maturità affettiva.
  1. AUTONOMIA significa essere. Ma per "essere" bisogna "diventare". E diventare significa sviluppo delle proprie potenzialità e risorse, percezione realistica delle proprie capacità e competenze e massima intenzionalità nel loro utilizzo.
    Richiede volontà e determinazione per orientare il proprio comportamento nell'affrontare positivamente il mondo circostante.
    Possiamo distinguere 6 tipi di autonomia:


    1. Autonomia personale che ha il suo corrispettivo negativo nella necessità di assistenza e bisogno di accudimento. È il primo grado di autonomia. Consiste nella capacità di gestirsi da soli nei bisogni primari: spostarsi, camminare; nutrirsi da soli; vestirsi/svestirsi; usare correttamente i servizi igienici e lavarsi; aver cura del proprio corpo e delle proprie cose; saper comunicare con gli altri.
      È un percorso verso l'autonomia che si svolge in famiglia o nelle scuole dell'infanzia per i bambini normodotati. Queste capacità di gestirsi negli atti essenziali e quotidiani della vita non sono soggette, tranne casi eccezionali, a regressioni: una volta acquisite sono acquisite per sempre.
      Spesso, per fretta o desiderio di efficienza, i genitori "anticipano" i propri figli, ritardando cosi, inconsapevolmente, l'acquisizione di queste prime autonomie personali e non permettendo i graduali esercizi di esperienze e di intelligenza adattiva.
      Per i disabili è di solito un percorso molto più lungo e differenziato, secondo la tipologia e la gravita dell'handicap. Per loro si devono, a volte, utilizzare ausili specifici e o trovare o "inventare" tecniche e accorgimenti facilitanti le operazioni dì autogestione. Non di rado, purtroppo, con i più gravi il viaggio anche verso questo grado di autonomia non e del tutto percorribile o non è percorribile in tutte le direzioni o non lo è affatto. In questi casi si dovrà perciò mettere in alto un programma personalizzato di assistenza.


    2. Autonomia operativa, che ha il suo corrispettivo negativo nella dipendenza prassica e lavorativa.
      È importante che ogni persona, al completamento dell'adolescenza, abbia la capacità per vivere per "arrangiarsi" da sola. Essere indipendenti significa saper gestire e risolvere i problemi che la realtà ci pone, di volta in volta; dirigere le proprie energie e utilizzare le abilità acquisite e gli strumenti disponibili verso attività produttive e creative.
      L'essere autonomi operativamente, per chi non ha svantaggi dovuti alla nascita o a disavventure della vita, significa avere sviluppata la capacità e il gusto del "fai da tè"; avere abilità e duttilità mentali, metodo di studio e di ricerca; avere capacità di organizzazione, di orientamento e riorientamento: avere in mano un lavoro o più lavori; raggiungere una sufficiente autonomia economica.
      Sotto questo aspetto si nota una tendenza da parte dei genitori a sostituirsi ai figli nella soluzione dei vari problemi e ad un protrarsi della presenza dei figli in famiglia. In comoda dipendenza sostanziale, pur affermando continuamente, questi stessi figli, di essere ormai grandi e autonomi, quando, in realtà, lo sono solo per le piccole scelte di libertà spicciola e interessata.
      Per tutti i disabili questo tipo di autonomia diventa molto difficile da raggiungere in modo completo e, spesso, neppure in modo sufficiente. Almeno per i disabili sensoriali, i disabili motori (di grado medio), i disabili intellettivi (di grado lieve) ed i disabili psichici, però, si può intraprendere uno "studio di personalizzazione" per favorire il percorso verso questa indipendenza operativa reale.


    3. Autonomia intellettiva, che ha il suo corrispettivo negativo nell'incapacità critica.
      Senza che ce ne accorgiamo stiamo diventando tutti schiavi di ideologie, mentalità, mode, pubblicità.
      Siamo dipendenti dalla cultura imperante, dai giornali, dalla televisione.
      I mass media condizionano talmente il nostro modo di intendere e di volere da suscitare apprensioni circa la nostra autentica libertà.
      È necessario saperci osservare "dal di fuori", fuori dal fiume che ci trascina: saper giudicare, confrontarci, mettere e metterci in discussione, leggere problematicamente la realtà, avere una costante visione storico/geografica, fondare le nostre convinzioni su dati reali, statistici, non su impressioni momentanee; avere rappresentazioni mentali chiare di sé, della società.
      Sotto questo aspetto i mass media, e soprattutto la televisione, hanno un potere condizionante straordinario. Anche se uno non guarda la TV è ugualmente immerso in una massiccia e coinvolgente "mentalità televisiva".
      Tutto questo può essere relativamente normale per i disabili sensoriali e motori. Molto più difficile raggiungere questa autonomia (almeno in modo continuativo) per i disabili psichici. Per i disabili intellettivi la difficoltà è proporzionale al grado di insufficienza mentale.


    4. Autonomia psicologica, che ha il suo corrispettivo negativo fondamentalmente nella paura di sé e dell'altro.
      Essere autonomi, da questo punto di vista, significa essere consapevoli che la realtà non è troppo pericolosa o minacciosa e che può essere controllata, modificata ed utilizzata in rapporto alle proprie esigenze.
      Questo implica: accettazione di sé, autostima realistica; percezione degli altri non come potenziali dominatori o individui da dominare, ma come persone con le quali è possibile instaurare relazioni paritarie, senza eccessivo disagio o arroganza; volontà di iniziare e portare a termine un compito, senza lasciarsi prendere dalla preoccupazione eccessiva del giudizio altrui; disponibilità a sperimentare una gamma di ruoli, senza considerare i vari tentativi come troppo rischiosi o totalmente vincolanti; gestione della propria aggressività, con capacità di sublimazione ed elaborazione. E cosi via.
      Ansia e vari sintomi patologici esprimono la personale vulnerabilità e fragilità psicologica.
      Possiamo evidenziare: la non accettazione del proprio corpo, il "fantasma" della forma perfetta; la difficoltà a vivere pienamente il "presente" perché troppo condizionati dal passato ed angosciati dall'incombenza del futuro; il senso di solitudine; le paure e le fobie, i riti ossessivi/compulsivi, l'angoscia, la depressione, le reazioni aggressive. Tutto ciò sconfina, a volte, in manifestazioni psicosomatiche e, anche, in vere malattie psichiche (senso di inferiorità, disorientamento, stato confusionale, deliri persecutori, regressioni e difese patologiche, dissociazioni, disturbi della personalità).
      Se riusciamo a compensare e a sublimare i nostri bisogni, ad esprimere e ad elaborare le nostre negatività con chi sentiamo come nostro "alleato" (familiari, amici, partner, psicologo, Dio) penseremo più facilmente in positivo: crescerà la nostra autostima e il nostro benessere psicologico.
      Se ogni giorno, abitualmente, sappiamo godere delle piccole cose, depositiamo sul nostro fondo psichico dei piccoli microrganismi che pian piano costituiscono una roccia dolomitica: essa sarà il punto d'appoggio per sollevare anche gli inevitabili gravi problemi della vita.
      Queste fragilità e problemi psicologici sono purtroppo in netto aumento.
      Ciò è indice che spesso la famiglia, in cui si vive fin troppo a lungo, non sappia però accogliere veramente, rassicurare, sostenere i propri figli nei vari momenti di impatto con i cambiamenti adolescenziali e con la società.
      È indice anche che la società si fa sempre più complessa e competitiva, con modalità emarginanti o, addirittura, espulsive.
      La disabilità è naturalmente lente di ingrandimento per le problematiche psicologiche. Aumentano i problemi di accettazione di sé ed è più complessa la relazione con gli altri e con il mondo.
      Paradossalmente, però, si può constatare che soprattutto i più gravi (i disabili intellettivi gravi) sanno vivere positivamente, riescono a raggiungere un grado di benessere superiore alla media.
      L'opportunità di vivere in comunità (anche solo diurne) offre a molti di loro la possibilità di integrare positivamente la qualità della vita, rendendola molto elevata almeno dal punto di vista psico-sociale


    5. Autonomia affettiva, che ha il suo corrispettivo negativo fondamentalmente nella simbiosi, nella dipendenza dalla "mamma", dalla famiglia di origine.
      Non raggiungere la vera maturità affettiva significa non realizzare in modo completo il proprio progetto affettivo/sessuale.
      I problemi nascono già nei primi anni di vita; nel rapporto primario con la madre, soprattutto quando la presenza del padre è inadeguata; al momento dello "svezzamento psicologico"; in esperienze negative di socializzazione; ecc.
      I sintomi simbiotici si evidenziano in alcuni momenti cruciali: il primo anno di vita, l'inserimento alla scuola materna, il periodo adolescenziale, le prime esperienze prolungate fuori casa, il matrimonio. Si esplicitano nell'incapacità a creare con il partner un nucleo affettivo/emotivo veramente indipendente. Raramente si realizza un rapporto pregnante che integri affettività/sessualità/progetto.
      L'autonomia affettiva cresce e si sviluppa in famiglia, nell'amicizia vera (innanzitutto con persone dello stesso sesso), nel gruppo, nella coppia, nella vita comunitaria. Sono queste le esperienze continuative e intense in cui, a vario livello e titolo, nella diversità, complementarietà e integrazione, si creano situazioni, stimoli, esperienze, momenti maturativi di notevole importanza.
      L'adolescenza, già cosi notevolmente allungata, per molti non ha sbocco reale: quanti "eterni adolescenti" in circolazione. Quanti "mammoni"! Quanti non riescono a creare un nuovo nucleo affettivo-emotivo autosufficiente e restano dipendenti (anche se, a volte, in modo ambivalente) dal nucleo affettivo-emotivo di origine! Spesso dopo la separazione dal partner, si ritorna dalla mamma.
      In tutti i disabili c'è grande tensione ad espandersi affettivamente.
      I problemi nascono quando essi tentano di completare l'aspetto affettivo con la sessualità ed il progetto di vita.
      È un problema nel problema. Come superare la simbiosi con la mamma? Come intuire le loro possibilità realistiche? Come favorire il bisogno di essere amati in modo "privilegiato"? Come sottrarsi alla tentazione di sostituirsi all'altro" desiderato? Come elaborare le frequenti fantasie erotiche, gelosie profonde e possessività? Si deve procedere con estrema prudenza e studiando caso per caso, situazione per situazione.


    6. Autonomia morale, che ha il suo corrispettivo negativo nell'eteronomia.
      L'autonomia morale (come dice l'etimologia della parola stessa: la legge viene dal di dentro!), esige una maturazione personale per cui coscienza del bene e del male, norme di comportamento e conseguenti scelte esistenziali, sono vissute come armoniche con l'impulso di vita di verità e di libertà. Non solo"libertà da...", ma "libertà per..."
      Nasciamo in mezzo a tradizioni, norme, leggi, comandamenti, con cui lentamente ma continuamente, ci dobbiamo confrontare. È evidente che qui si parla di proposte fortemente ancorate a valori etici profondi (il rispetto di sé, degli altri, delle cose) e non delle piccole regole legate a mentalità e mode che spesso sono norme puramente esteriori e superficiali che, se "imposte", diventano "autoritarie".
      In ogni caso, bisogna superare l'eteronomia: ciò significa superare la morale basata sull'autorità estrema, che protegge, ma anche controlla e minaccia.
      Non è modalità corretta l'acquiescenza passiva, ma neppure la ribellione permanente.
      È, invece, necessaria una vera disponibilità a capire che "nella sostanza" (al di là delle inevitabili incrostazioni e degli eventuali pregiudizi culturali datati di cui si è detto) ciò che ti indica chi ha già percorso quel viaggio che stai intraprendendo e ne ha individuato pericoli e contromisure, che ha già intravisto ideali e delusioni, non è poi cosi sbagliato.
      Spesso solo così si arriva progressivamente alla definizione del significato della propria vita e alla presa di coscienza della responsabilità personale.
      C'è vera autonomia morale quando non c'è sensazione di dicotomia fra quanto si pensa giusto fare moralmente e quanto si ritiene importante fare per la propria felicità: quando c'è la convinzione che quanto si ritiene bene etico è anche il "meglio" per la propria realizzazione profonda; quando si capisce che la legge (quella vera, quella etica) non è buona perché è comandata, ma che ci è proposta perché è buona: utile per noi e a noi favorevole.
      L'autonomia morale prevede anche che, a volte, le istituzioni e i genitori possano sbagliare; prevede certo, in alcuni casi, anche il dubbio, la crisi, l'errore; prevede la consapevolezza che il risultato utile e piacevole possa essere dilazionato e che, perciò, la legge possa essere istintivamente sentita in contrasto con il desiderio immediato; prevede la modestia che fa presumere, nel momento del contrasto, che le convinzioni maturate e i valori morali personali debbano andare oltre il piacere contingente (si può anche far fatica per arrivare in cima!); che i genitori e educatori, sono fondamentalmente dalla tua parte E che, per chi crede, Dio "vede di più, più lontano e in profondità".
      Per essere autonomi moralmente i valori devono diventare propri: devono essere il precipitato del continuo sforzo critico tra indicazioni ricevute ed esperienza personale verifi-cata. Solo così ci si avvicina alla sovrapposizione dovere/piacere.
      Sotto questo aspetto possiamo notare che, ai nostri giorni, persistono relativismo e disorientamento, ambiguità e ambivalenza di valori ed una accentuazione dell'individualismo edonistico (del "tutto e subito", senza prospettiva). Spesso ci si chiede: "Ma cosa c'è di male?!", e non "Cosa devo fare di utile, di costruttivo, di bello?"
      Per i disabili sensoriali e motori non e 'è problema aggiuntivo. Per i disabili psichici le difficoltà nascono dalla loro instabilità psichica e dal rapporto più o meno distorto con la realtà. Per i disabili intellettivi la difficoltà del percorso è proporzionale alla gravità dell'insufficienza mentale.
      In ogni caso è sempre molto difficile per questi ultimi superare l'eteronomia.

  2. MATURITÀ AFFETTIVA
    Ma l'autonomia non è tutto! L'autonomia personale deve trovare sbocco nella maturità affettiva, che consiste essenzialmente nel superamento del narcisismo, dell'egocentrismo, dell'egoismo di tipo infantile e adolescenziale.
    Risponde alla domanda: sono grande, sono cresciuto: ma per che cosa, per chi?
    Due esempi possono essere significativi al riguardo: uno preso dalla natura e uno dalla religione cristiana.
    • Il sole assume valore non perché possiede luce e calore, ma perché li diffonde.
    • Alla domanda "Chi è Dio?", l' Antico Testamento risponde: "Dio è colui che è", l'assolutamente autonomo; nel Nuovo Testamento la risposta definitiva diventa "Dio è Amore", cioè colui che da, che da se stesso.
    Dalla realizzazione individuale (l'autonomia) si passa ad una realizzazione essenzialmente sociale (la maturità affettiva).
    Si esce dal "sé" per dare.
    La maturità affettiva completa l'equilibrio psichico in quanto è apertura ed espansione dell'essere.
    La persona realizza tutta la sua reale potenzialità nell'apertura agli altri: nell'amicizia, nella coppia, nella famiglia, nell'impegno politico e sociale, nel volontariato, nella vocazione di ognuno.
    È lo stadio "dell'amore".
    Aprirsi all'amore porta ad esplicitazione quanto era implicito: la capacità di amare è l'ultimo contributo per la definitiva crescita della personalità. Solo con l'amore ci sentiamo vivi. Esistere pienamente è sì muoversi, fare, pensare, desiderare, ricordare, progettare: ma, in fondo, è amare!
    Anche i disabili, anche se con modalità estremamente differenti, sanno amare.